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Day 7 – Non riesco ad adattarmi

Day 7 – Non riesco ad adattarmi

6 ottobre 20:10

Camminare per il paese di sera è impossibile senza una torcia a disposizione. Luci pubbliche non ce ne sono e pochissime case hanno luci esterne (quasi nessuna in realtà).

Noi ci spostiamo grazie alla torcia dello smartphone e spesso capita che qualcuno si accolli per pezzi di strada sfruttando la nostra illuminazione, perché altrimenti sarebbe totalmente al buio.

È anche abbastanza inquietante come cosa, dato che sono generalmente seduti nel buio pesto sul ciglio della strada (essendo neri sono totalmente invisibili) ed iniziano silenziosamente a camminare dietro di noi da un momento all’altro.

Quindi, ogni volta che me ne accorgo è un colpo assicurato.

Sta mattina sono venuti i Talibè al centro. Anzi, prima sono riuscita a cacare come si deve per la prima volta da quando son qui, poi sono arrivati i Talibè.

Talibè africani

I Talibè

Anzi anzi, prima ancora Margot, la direttrice senegalese del centro (colei che fa da intermediaria tra Severino e la comunità), si è presentata in cucina mentre facevamo colazione e mi ha detto che farmi vedere dai Talibè in shorts sarebbe stato poco consono.

Mi ha dato quindi due opzioni: tornare a casa a mettere i pantaloni lunghi o prendere un pareo in prestito da lei.

I miei amici hanno pantaloni quasi più corti dei miei e girano a torso nudo. Queste cose mi fanno imbestialire! Se c’è una cosa che odio in modo viscerale è proprio la discriminazione delle donne.

Comunque, non essendo in un ambiente in cui posso permettermi di controbattere, le ho detto che avrei messo i pantaloni.

Considerando però il caldo insopportabile e le varie difficoltà di adattamento, la goccia dei pantaloni ha fatto traboccare il vaso del mio equilibrio mentale, al momento molto precario.

Insomma per farla breve, appena se ne è andata ho iniziato a piangere e ridere istericamente dalla rabbia, dopo di ché sono andata a casa e ho messo sti cazzo di pantaloni, con 38 gradi all’ombra.

Ah, ed è qui che poi ho cacato.

In cerca di distrazioni

Di ritorno al centro ho cercato di calmarmi e, ritrovando un briciolo di positività che mi era rimasta nell’anima, ho deciso di distrarmi facendo qualcosa di utile.

Ho così cucito un po’ di vestitini per i Talibè.

Sono decisamente migliorata dall’ultima volta, sono persino riuscita a stringere dei pantaloncini da calcio, tagliando l’elastico e ricucendolo della misura giusta.

Ho poi medicato alcune ferite aperte sulle gambe di un bimbo e, insieme agli altri, ho dipinto una giara.

In jeep coi Talibè

Riportando i Talibè alle dhare

Dopo una mattinata produttiva, nel pomeriggio abbiamo fatto un bagno rivitalizzante al mare (giusto per non perdere l’abitudine).

Mbae è stato con noi tutto il pomeriggio, ma sempre col muso. Oggi siamo un po’ dello stesso umore.

Gli abbiamo persino comprato una Sprite e delle patatine fritte (è ufficialmente il bambino più viziato d’Africa), ma ne mangiava una alla volta, osservandole tutte con cura ed esitando prima di metterle in bocca.

Chissà cosa passava per la sua testa.. chissà quale pensiero lo tormentava e cosa vedeva in quella patatina fritta.

Non lo sapremo mai.. Fatto sta che al ritorno, pur di non farsi tutta la spiaggia a piedi, è stato disposto a salire in groppa a Gianluca, nonostante l’avesse snobbato tutto il pomeriggio.

Era ormai già buio quando ci ha salutato, ancora più triste di prima, costretto a tornare nella pattumiera a cielo aperto che lui purtroppo chiama casa.

Ed è così, che se ne va un altro giorno in Africa.

 

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