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Day 12 – Manca l’acqua

Day 12 – Manca l’acqua

11 ottobre 17:07

Gradi percepiti: 41.

Lo sapevate? A detta di Dauda, ‘guidare come una capra‘ significa guidare da pro.

A quanto pare le capre senegalesi sono ottime conducenti. Di cosa? Non si è ben capito.

Ieri sera siamo tornati a Dakar per prendere Severino che tornava da un breve viaggio in Italia

Nuovo giro, nuova corsa, ma gli sguardi della gente non cambiano mai: ovunque vada mi fissano come se fossi un’aliena. Questa volta persino senza avere le gambe scoperte.

I neri in Europa si sentono davvero così osservati?!

Anche a sto giro, pur essendo partiti alle 23:15, lungo la strada abbiamo trovato decine, ma che dico, centinaia di bancarelle e “negozi” (se così si possono definire) aperti.

Vendono ogni cosa immaginabile, chiaramente nel limite del reperibile in Africa. Nonostante ciò, sono talmente tanti che finiscono per vendere tutti le stesse cose.

E non contenti della loro bancarella sul ciglio della carreggiata, cercano di infilarti roba in macchina attraverso i finestrini aperti. “Vu-Cumprà” livello VERY HARD – solo per giocatori esperti.

Per strada non ci sono cartelli che limitano la velocità (ammesso che sarebbero comunque rispettati), tanto meno autovelox.

Come risolvono il problema? Con dossi alti come colline. Non vederne uno equivale a prendere il volo e, vista la totale mancanza di segnaletica e pali della luce, non vederne uno di notte è altamente probabile.

Il trofeo ‘perplessità del giorno‘ però è stato vinto dalla “sala” d’attesa, collocata all’esterno dell’aeroporto. Nemmeno sotto una pensilina, totalmente all’aperto.

E non stiamo parlando di un piccolo aeroporto nel deserto, ma dell’aeroporto internazionale di Dakar.

Sala d'attesa aeroporto di Dakar

“Sala” d’attesa dell’aeroporto

La cosa ha senso quando si scopre che chi non deve partire non può entrare in nessun area dell’aeroporto. Ergo, o aspetti fuori o aspetti fuori. A sto punto ben venga la sala d’attesa outdoor edition.

La spesa

Ieri Marco rifletteva ad alta voce su una tremenda verità, alla quale non avevo mai pensato.

In Italia, o in qualsiasi altro posto occidentale, l’uomo medio perde un’inestimabile parte della sua vita a fare la spesa.

Seriamente stiamo a fissare per interi minuti lo scaffale dei deodoranti? Chiaro che sì, perché il processo di scelta è ostacolato da infinite possibilità con le più svariate caratteristiche.

Prendo quello che dura 24h? Già che ci siamo facciamo direttamente 48h.. anche se la probabilità che non mi lavi le ascelle per due giorni è altamente improbabile (in Italia). Quindi mi chiedo, a cosa serve un deodorante che dura 48h?

Torniamo al nostro scaffale pieno zeppo. C’è il deodorante che non macchia i vestiti, d’altronde mi scoccerebbe l’alone bianco sulle t-shirt colorate!

Però c’è anche rinfrescante… o magari delicato? Al muschio o alle rose? Spray, roll, in talco o a spruzzo? Dry Impact o Talc Sensation? Neutro Robertz, Nivea o Dove? For Men, For Women o For Stocazz?

Ma stiamo scherzando?!

Qui vai al Superette, minimarket che si suppone abbia più prodotti delle piccole boutique (negozi), e di deodorante ce n’è uno, quando c’è.

Il tempo al massimo puoi perderlo cercando qualche prodotto che non c’è, perché non sai mai cosa trovi (e cosa no).

Ogni tanto riescono a rifornirsi di biscotti, ogni tanto no.. A volte trovi la frutta, a volte no.

Questa è l’Africa, dove la gente elemosina un bicchiere d’acqua, e del deodorante ‘Pearl&Beauty – con estratti di perla per una protezione morbida ed effetto seduzione’ non gliene fotte un cazzo a nessuno.

Manca l’acqua.. o no?

Oggi all’uscita dal cancello di casa ho trovato tre ragazzine che chiedevano acqua.

Gli ho detto di andare al centro, dove possono prenderla gratuitamente, ma hanno insistito, tentando di sedurmi con un bel “Madame, tu es tres jolie” – Signora, lei è molto carina.

Mi fanno imbestialire.

I complimenti che ricevo sembrano tutti finti, tutti con un secondo fine. Capisco che, se il secondo fine è un bicchiere d’acqua, il tutto risulta estremamente comprensibile e quasi penoso, purtroppo, ma mi irrita comunque.

A proposito dell’acqua, prima se ne parlava con Severino (detto Seve), una persona davvero fantastica.

Ha lasciato la sua vita a Como per trasferirsi stabilmente qui e dedicarsi totalmente all’Africa, ma questo forse ve l’avevo già detto.

Dicevamo, al centro è stato costruito un pozzo profondo 6 metri che attinge ad acqua pulitissima. “Wow che gran cosa” ho pensato.

“Sotto il centro c’è praticamente una piscina d’acqua. Potremmo dare da bere a tutto il villaggio ma non ce lo lasciano fare” ha proseguito Seve.

Scusa, come hai detto? Chi non ve lo lascia fare? E perché?

Le società dell’acqua. Il villaggio potrebbe ricevere acqua gratuita, ma non si può fare, perché non se ne trarrebbe guadagno.

Ecco, questo è il mondo in cui viviamo.

Sempre a proposito dell’acqua, a casa è finita la riserva. Ciò vuol dire che almeno fino a stanotte si farà come quelli di Faenza (senza).

Devo ammettere che la notizia non mi ha scioccato più di tanto.

Ormai ho abbasso ben al disotto dell’asticella i miei standard di pulizia e igiene. Non lavarmi fino a domani, o anche fino a dopo domani, non mi scandalizzerebbe più di tanto. Nonostante un giorno senza doccia qui, con 41 gradi e l’80% di umidità, equivale probabilmente a una settimana senza doccia a casa.

Verità trash

Oggi però almeno ho cagato, il che di per sé è già un evento degno di nota vista la difficoltà dimostrata la prima settimana.

Ma ancor più memorabile è stata la quantità di sudore espulsa dal mio corpo durante lo sforzo, equiparabile alla sudorazione di un’ora di corsa sotto il sole, con gocce che colavano dalla fronte, dalle braccia, dal retro delle ginocchia, tra le tette e dalle pieghe della pancia.

Lo so, un’immagine idilliaca… ma l’Africa è anche questo.

L’Africa che, non so ancora bene come, fra qualche settimana al mio ritorno, rimpiangerò.

 

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